Spacciatore Droga

Cessione di sostanza stupefacente, assolto per insussistenza del fatto

Cessione di sostanza stupefacente
assolto per insussistenza del fatto

Il Tribunale di Castrovillari, in accoglimento delle richieste avanzate dall’avvocato Ettore Zagarese, ha assolto A.R. di 46 anni per insussistenza del fatto. A.R., pregiudicato, era imputato del reato di cessione di sostanza stupefacente, nella specie cocaina. Il pm aveva chiesto una condanna ad 1 anno e sei mesi di reclusione e il pagamento di una multa pari a 20mila euro.

IL FATTO – Il processo era nato da una indagine svolta dal locale commissariato di PS che, insospettito da strani movimenti tenuti da alcuni soggetti pregiudicati, faceva irruzione all’interno di un bar posto nell’area urbana di Rossano. Una volta entrati gli agenti notavano due giovani uscire frettolosamente dal bagno e una volta bloccati, avevano proceduto con un controllo che aveva portato a scoprire una lastra di vetro specchiato con sopra delle strisce di cocaina adagiata sul lavabo.

Grazie al sistema di video sorveglianza gli investigatori riuscivano in breve a ricostruire i fatti apprendendo che pochi minuti prima A. R., dopo aver incassato una somma di denaro da due dei presenti, raggiungeva l’uscita del bar per farvi rientro poco dopo per poi passare qualcosa ad uno dei ragazzi bloccati.

In virtù di questo, la polizia aveva dichiarato in arresto il 46enne sottoponendolo agli arresti domiciliari

 

 

covid-19

Avviso importante COVID-19

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Il comune di Corigliano-Rossano è attualmente in zona arancione rinforzata, causa allarmante dati sul contagio da Covid-19.
Stante la situazione lo studio fornirà solo consulenze e/o appuntamenti telefonici. Non in presenza. Da oggi a lunedi 15 marzo 2021
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Operazione Stige

Operazione “Stige”: assolto con formula ampia l’imprenditore cariatese Leonardo Rispoli

Operazione “Stige”: assolto con formula ampia
l’imprenditore cariatese Leonardo Rispoli

 Il Tribunale di Crotone, presieduto dal giudice Massimo Forciniti, condividendo le tesi prospettate dai difensori avvocati Ettore Zagarese e Roberto Laghi, del foro di Castrovillari, ha pronunciato una sentenza di proscioglimento nei confronti del noto imprenditore cariatese Leonardo Rispoli, coinvolto nell’operazione “Stige”.

Il tribunale ha quindi disatteso le richieste del pubblico ministero della Procura di Catanzaro, Domenico Guarascio, che aveva avanzato una richiesta di condanna per 15 anni di reclusione.

Importante la formula di proscioglimento utilizzata dai Giudici nei riguardi di Rispoli: non commissione del delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e inesistenza del delitto di estorsione aggravata dal metodo mafioso il che, specie con riferimento al secondo capo di imputazione, mina alla radice la fondatezza delle fonti di accusa a suo carico.

L’imprenditore era rimasto coinvolto nell’operazione STIGE partita il 9 gennaio 2018 con la notifica di 131 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 39 agli arresti domiciliari. Rispoli fu arrestato e tradotto nella Casa Circondariale di Cosenza. Rispoli era stato accusato di controllare, per conto della cosca cirotana Farao-Marincola, il porto di Cariati.  Da queste accuse Rispoli si era sempre professato innocente e per mezzo degli avvocati Ettore Zagarese e Roberto Laghi aveva indicato una serie di elementi a suo favore che ne avevano dapprima determinato l’annullamento della misura cautelare in carcere dalla Cassazione ed ora la sua assoluzione da tutte le imputazioni.

Operazione Stige – Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Crotone l’operazione Stige nel 2018, svelò gli intrecci tra la cosca Marincola Farao di Cirò, la politica e l’economia del territorio cirotano. Al centro delle indagini le attività criminali della cosca Farao-Marincola di Cirò, una delle più potenti in Calabria, attiva soprattutto nelle estorsioni e nel traffico di droga con ramificazioni anche in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia, e in Germania (in particolare – come accertato grazie alla collaborazione con la polizia tedesca – nei länder dell’Assia e del Baden-Württemberg).

I reati contestati – L’inchiesta coordinata dal Procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dai sostituti Domenico Guarascio, Alessandro Prontera e Fabiana Rapino, ha contestato ai 169 indagati i reati di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, autoriciclaggio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, intestazione fittizia di beni, procurata inosservanza di pena e illecita concorrenza con minaccia aggravata dal metodo mafioso.

Arresti “eccellenti”  – Tra le persone coinvolte nell’inchiesta ci furono diversi sindaci e amministratori locali.

Ermellini

Operazione Piccoli Passi, frana l’accusa in Cassazione

Operazione “Piccoli Passi”, frana l’accusa in Cassazione
Processo da rifare in Appello per alcuni imputati

Frana in Cassazione l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Processo da rifare in Appello per alcuni imputati dell’operazione “Piccoli passi”, portata a termine nel 2016 dalla Guardia di Finanza sotto il coordinamento della DDA di Catanzaro. L’inchiesta, che aveva sventato un traffico di sostanze stupefacenti, vede coinvolti soggetti rossanesi, del reggino e campani.

Nella serata di lunedì 25 gennaio, si è celebrata l’udienza dinanzi alla III Sezione Penale della suprema Corte di Cassazione all’esito della quale i giudici hanno annullato in gran parte la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Nello specifico, gli Ermellini hanno annullato la pronuncia di secondo grado relativamente al Capo A, ossia all’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico (art. 74 Dpr 309/90) disponendo il rinvio per nuovo esame dinanzi ad una sezione diversa della Corte d’Appello di Catanzaro. Gli stessi giudici hanno inoltre annullato la sentenza, senza rinvio, relativamente ad altri capi di imputazione dichiarandoli estinti per intervenuta prescrizione.

Accolto, quindi, il teorema difensivo sostenuto ieri in udienza dagli avvocati penalisti  Ettore Zagarese, Giovanni Zagarese, Francesco Nicoletti, Maria Teresa Zagarese e Francesco Calabrò. Sarà ora una diversa sezione della Corte d’Appello catanzarese a giudicare nuovamente alcuni degli imputati, con il processo che torna nella fase del secondo grado di giudizio.

«Siamo soddisfatti del risultato – questo il commento del collegio difensivo – che giunge in Cassazione anche grazie alla nostra caparbietà. Ritenevamo che i nostri assistiti non fossero dei narcotrafficanti. Pare che il Giudice di legittimità la pensi come noi».

IL FATTO – L’operazione “Piccoli passi”, condotta dalla Guardia di Finanza in parallelo con l’operazione “Stop” portata a termine dai Carabinieri, prendeva le mosse da un’ulteriore operazione antimafia avviata nel 2009, concentrandosi sulle attività della presunta cosca rossanese nel settore legato al traffico di stupefacenti. Nel dettaglio, gli inquirenti delinearono un quadro accusatorio individuando i canali di approvvigionamento del narcotico, localizzati soprattutto in Campania, e la rete di distribuzione con “piazze” anche nella provincia di Reggio Calabria.

Il Quotidiano del Sud, 27 gennaio 2021

 

Avvocato Zagarese

La storia di Alessandro Manzi, una storia di redenzione

La storia di Alessandro Manzi, dall’inferno alla redenzione

Manzi, 29 anni, accusato di omicidio volontario, oggi dona un bonus ai pazienti oncologici, prosegue gli studi e aiuta la famiglia

Concede in donazione il bonus a favore dei malati oncologici, si è iscritto all’Università e aiuta la propria famiglia con i fondi che percepisce nell’ambito delle attività previste all’interno dell’istituto penitenziario di Rossano. Lui si chiama Alessandro Manzi, ha 29 anni, balzato agli onori della cronaca nazionale per avere ucciso a fucilate il padre Mario nel 2017. Una storia che ha dell’incredibile e che, tuttavia, conserva dei retroscena complessi e articolati, di cui poco si parla, se non nell’ambito processuale. I giudici della Corte D’Assise di Cosenza, a fronte di una richiesta d’ergastolo, emisero una sentenza di condanna a 18 anni di reclusione, dimezzata successivamente in Appello a 9 anni. Il giovane appena dopo aver compiuto l’atto si costituì ai carabinieri senza tentennare e raccontò tutto. L’accusa è di omicidio volontario. Attualmente è agli arresti domiciliari, dopo un anno e cinque mesi di cella.

Una famiglia, come altre, che paga il costo della ghettizzazione sociale

Una famiglia che paga il costo, come tante altre, della ghettizzazione sociale voluta da una sorta di classismo che divide il genere umano per ceti. Da un lato la borghesia, dall’altro il “terzo Stato”. Tanti i fattori concomitanti che generano spesso violenza e aggressioni, tra le cause prevalenti la mancanza di lavoro. Un problema che ha caratterizzato questo dramma e che ha coinvolto tanto il padre (la vittima) quanto il figlio. Mario mette al mondo 4 figli, si andava avanti alla meno peggio. Scarse le fonti di guadagno. Uno dei fratelli di Alessandro è disabile e per lunghi anni, a causa delle condizioni di indigenza, non è stato curato. Il contesto ambientale narra di continui litigi tra padre e figlio che trovano riscontro nelle condizioni di povertà e nell’impossibilità di poter trovare un posto di lavoro.

Il sostegno dell’Associazione “V. Filippelli” al fratellino disabile 

Qui subentra l’Associazione di volontariato sociale “Vincenzino Filippelli” che prende in carico la vicenda del disabile, per oltre quattro anni sprovvisto di cure. Alessandro e la mamma, insieme al segretario della struttura associativa Ranieri Filippelli (durante il processo ebbe modo di testimoniare) iniziano i viaggi per le cure e riabilitazione da e per Roma del fratellino più piccolo. Il papà Mario è assente per problemi legati alla quotidianità. Poi, all’improvviso, durante l’ennesima lite, si consuma la tragedia. Durante il regime di detenzione Alessandro decide di studiare, si iscrive alla facoltà di Biologia all’Università di Cosenza e sostiene economicamente la famiglia. E, durante il periodo natalizio, ha espresso la volontà di donare mediante l’associazione “Vincenzino Filippelli” 50 panettoni ai pazienti Oncologici. In cella chiedeva, sin dalle prime battute, di stare da solo o con detenuti che hanno voglia di riabilitarsi e riscattarsi come lui.

L’intervista di Informazione e Comunicazione all’avvocato difensore Ettore Zagarese

Antonio Canova, "Allegoria della Giustizia", particolare (Fondazione Cariplo / CC 3.0)

Dopo vent’anni finalmente GIUSTIZIA è fatta

Dopo vent’anni finalmente GIUSTIZIA è fatta

con un risarcimento milionario

Si chiude dopo oltre vent’anni una brutta vicenda che ha visto parte lesa il rossanese A.A. Finalmente sono state accolte dal Tribunale di Castrovillari le richieste avanzate dall’avvocato Ettore Zagarese che gli riconoscono un risarcimento milionario.

I fatti posti a base del processo ebbero una vasta eco per la brutalità degli accadimenti ed il velo di omertà che impediva alla verità di venir fuori e che furono anche oggetto di moti di protesta culminati con manifestazioni e fiaccolate in piazza.

 

IL FATTO – Era il 12 febbraio quando A.A., all’epoca ventiduenne, si recava con la sua comitiva di amici, tutti di Rossano, verso il comune di Campana per festeggiare il diciottesimo compleanno di una comune amica. Nel corso della festa c’erano stato dei banali screzi con alcune giovani del luogo, cose comunque di minima importanza. Mentre tornavano a casa, lungo il tragitto di ritorno, quando si furono arrivati all’altezza di un ponte situato subito dopo l’abitato di Campana, A.A ed i suoi amici trovavano entrambe le direzioni di marcia ostruite da alcune vetture che erano state abilmente posizionate al fine di impedir loro il transito. Dalle stesse scendevano alcuni figuri che, armati di bastoni, accerchiavano le automobili dei ragazzi rossanesi infierendo sulle relative carrozzerie con violenti colpi di bastone.

Nel frattempo il giovane A.A., sceso dall’automobile nella quale si trovava, veniva accerchiato da 4 persone le quali cominciarono a percuoterlo brutalmente, inducendolo ad arretrare verso il parapetto del ponte, per poi – secondo la ricostruzione –  sollevarlo di peso e gettarlo giù causandone la violenta precipitazione di oltre 10 metri, nella scarpata sottostante nel mentre  gli altri ragazzi rossanesi, una volta liberate le estremità del ponte da parte degli aggressori, fuggivano presi dal panico.

Poco dopo l’aggressione, alcuni dei ragazzi di Campana si recavano per recuperare il corpo del giovane rossanese. Subito dopo averlo lasciato sulla strada, telefonavano anonimamente all’addetto alla guida dell’autoambulanza di Campana, per poi dileguarsi. Giunti sul luogo i soccorsi trovavano il giovane moribondo e lo trasportavano al nosocomio di Cariati dove i sanitari, in conseguenza delle gravissime lesioni ne disponevano il trasporto d’urgenza presso l’Ospedale Pugliese di Catanzaro dove, a seguito di un delicatissimo intervento chirurgico, gli veniva asportata la milza, con grave compromissione, altresì, della capacità espressiva.

Le indagini, condotte dai Carabinieri della locale Compagnia, furono difficili e stentavano a decollare per la paura e la reticenza manifestata dalle parti presenti all’aggressione. Grazie, comunque alla tenacia dei militari e dei parenti della vittima si giungeva all’emissione di misure cautelare a carico degli aggressori M.M. M.S. S.A. e G.V., i quali venivano cautelati con provvedimento del GIP del Tribunale di Rossano e condannati per lesioni aggravate. Giunge ora anche la severa sentenza del Tribunale di Castrovillari che li obbliga a risarcire i danni alla parte civile per un importo superiore, per capitale ed accessori, al milione di euro.

Soddisfatto del risultato l’avvocato Ettore Zagarese, difensore del malcapitato giovane, che ha evidenziato come la giustizia, anche se lenta, alla fine arriva pur rammaricandosi che nessuna somma di denaro potrà mai ripagare il suo assistito delle sofferenze patite e la famiglia del dolore accumulato in tutti questi anni

Maria Rosaria Sessa

In ricordo di Maria Rosaria Sessa

In ricordo di Maria Rosaria Sessa

Lieve è il dolore che parla.
Il grande dolore è muto.
(Seneca)

Ci sono cause, situazioni di vita, impegni che prendi in carico, che ti rimangono dentro come ferite aperte. Nonostante gli anni continuano a macerare.
È il caso della tragica morte di Maria Rosaria Sessa, la giovane giornalista rossanese vittima di femminicidio. La famiglia mi diede l’onere della difesa.
Un compito durissimo, tanto era il dolore, seppure composto dei familiari. Ecco, questo mi colpì profondamente, il decoro, la misura di quei genitori pure martoriati nell’animo.

Mai chiesero vendetta, volevano solo una cosa: giustizia per Maria Rosaria.

Seguirono giornate concitate, in cui smuovemmo il mondo, cercammo ovunque l’uomo che per l’ultima volta l’aveva vista, fino al noto e miserando finale.
Da quel momento, ogni dicembre – da quel maledetto 10 dicembre 2002 giorno in cui il corpo martoriato della giovane donna fu trovato (era morta accoltellata nella notte del nove) – non riesco a non pensare a quel brutale caso.
Oggi come allora il mio pensiero va a chi ha voluto bene a Maria Rosaria, accompagnato da una preghiera, anche se so che nulla potrà lenire il loro infinito strazio.

Maria Rosaria Sessa aveva 27 anni quando fu uccisa con cinque coltellate.

Era il 9 dicembre 2002. Il corpo senza vita fu ritrovato a bordo di un’auto sulla statale 107.
Era una giornalista televisiva, preparata e appassionata. Ad aprile 2002 Corrado Bafaro, l’uomo che l’aveva tormentata a lungo, ossessivo, folle di gelosia – a cui Maria Rosaria in quel nefasto 9 dicembre diede l’ultimo fatale appuntamento, per chiudere definitivamente la vicenda – viene ritrovato senza vita all’interno di una villetta a Fiumefreddo Bruzio.

Morto suicida.

avvocato Ettore Zagarese

BERLIN - JULY 09

Odissea giudiziaria Prosciolto dopo 14 anni

La vicenda riguarda un cittadino di Bocchigliero, C.F. di 57 anni, difeso dall’avvocato Ettore Zagarese. Dopo ben 14 anni di processo e l’audizione di numerosissimi testimoni, il Tribunale di Castrovillari, accogliendo le conformi richieste del difensore e del pubblico ministero, ha riqualificato i fatti in tentativo di lesioni e minacce e ha dichiarato estinti i reati prosciogliendo l’imputato.